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Codice: 00002060
Categoria: Rossi italiani
Disponibilità:
3
Contenuto:
0,75 lt.
Confezione:
Bottiglia
Località: Italia-Trentino
Produttore:
Az. Agricola Marco Donati Mezzocorona TN
L’arrivo della famiglia Médeville nel cuore della zona di Sauternes risale al matrimonio di Numa, bisnonno di Christian Médeville, padre di Julie, con Marie Despujols.
Quest’ultima, porta come dote, la bella abitazione famigliare sita nel centro di Preignac, acquistata nel 1710 da un suo antenato, e i vigneti circostanti Gilette e Les Justices.
Oggi Julie e suo marito Xavier perpetuano la tradizione di famiglia e ne consolidano la storia di un vino fuori dagli schemi, lontano dalle norme.
Essi vogliono rendere un omaggio particolare ai genitori di Julie, Christian e Andrée, che hanno incarnato con brio Gilette per più di quarant’anni.
Con perseveranza, energia e immenso talento sono riusciti a preservare e migliorare nel tempo la loro piccola azienda e a far conoscere e diffondere i loro vini stupendi, testimoni della loro passione.
Benché non incluso nella storica classificazione del 1855 e lontano diversi chilometri da Château d’Yquem, questo vino è considerato una delle migliori etichette di Sauternes.
Questo piccolo cru di Sauternes è leggendario soprattutto per i suoi vecchi millesimi.
In effetti a Gilette, Julie Gonet-Medeville commercializza i suoi vini non prima di vent’anni dalla vendemmia.
Questa usanza ha fruttato alla famiglia Médeville il soprannome di Antiquari del Sauternes.
Château Gilette è un piccolo podere di meno di 4,5 ettari situato nel cuore del villaggio di Preignac.
Cinto con muretti a secco, piantato prevalentemente a Semillon, con qualche piede di Muscadelle e poco Sauvignon.
L’ultimo impianto è datato più di trent’anni orsono.
La produzione dichiarata è minima: circa 5000/6000 bottiglie l’anno, e con tutte le variabili possibili dell’annata, che come tutti gli appassionati ben sanno, quando si parla di Sauternes sono suscettibili ai mille capricci climatici che possono favorire o meno l’attacco della muffa nobile.
Si dice che per mantenere l’alto livello qualitativo previsto per i Crême de Tête, a Château Gilette si produce solo un anno su due.
Le rese, presso Médeville a Château Gilette, possono scendere fino a 5 ettolitri a ettaro.
Sono poco più di una quindicina i vendemmiatori abituali, i quali eseguono più passaggi in vigna alfine di raccogliere gli acini perfettamente “rôtis”.
Mediamente si rendono necessari dai tre agli otto passaggi.
Al mosto non vengono aggiunti lieviti, ne anidride solforosa.
La solfitazione avviene solo nel momento in cui la massa viene trasferita in contenitori in cemento che verranno riempiti totalmente ed ermeticamente chiusi per un tempo medio che oscilla dai 15 ai 18 anni.
In questo lunghissimo periodo la maturazione è lenta e consente al vino di esprimersi in tutta la sua potenza senza problemi di ossidazione.
Contrariamente all’affinamento in barrique, nel cemento si ha un ambiente in fase di riduzione; ciò permette di mantenere freschezza e la sensazione di gioventù del frutto.
E’ in questo modo che si costruisce lo stile, unico nel suo genere, e si producono vini destinati al lunghissimo invecchiamento.
Proprio a tale scopo, dopo l’imbottigliamento, vengono lasciati trascorrere altri due anni prima della commercializzazione.
Eccellenti, maturi e cremosi alla degustazione i vini così tardivamente posti al commercio riportano in etichetta la definizione Crême de Tête.
Molto interessanti, e piuttosto rare, le bottiglie di vino bianco secco denominate semplicemente ”G” de Château Gilette, anch’esse sottoposte ad inverosimili invecchiamenti prima di essere destinate al commercio.
Nel cuore dell’affascinante scenario del Trentino, caratterizzato dall’insieme di valli, montagne dolomitiche e colline, è situata la Piana Rotaliana, che Cesare Battisti definì il più bel giardino vitato d’Europa.
Proprio qui, a Mezzocorona, si trova la cantina Marco Donati, una delle più antiche del Trentino.
La storia ebbe inizio nel lontano 1863, quando Luigi Donati acquistò il maso Donati, insieme al palazzo del 1400, di appartenenza dei Conti Spaur.
Il termine maso sta ad indicare un podere ben circoscritto, tutto accorpato, coltivato per tradizione da una famiglia.
La torre centrale del palazzo, insieme ad altre tre del circondario, faceva parte del sistema difensivo di Mezzocorona.
Il tutto è sovrastato dai castelli medioevali arroccati sul monte, ai quali si ricollega la leggenda del drago.
La cosa interessante è che ancor prima dei Conti Spaur, il maso era stato di pertinenza del coppiere dei Conti del Tirolo.
Ai tempi, il coppiere di corte rivestiva una notevole importanza, paragonabile ad un ministro e questo sta ad indicare come già allora questi vigneti fossero ritenuti di grande pregio, ed i vini che derivavano da questi vigneti fossero privilegio delle mense più raffinate.
Oltre centocinquanta vendemmie legano l’azienda Donati al Trentino.
La preziosa collezione di bottiglie, conservata nelle cantine sotterranee, racconta un po’ della storia di questa cantina.
Qui due bottiglie del 1863 e alcuni pezzi rari, testimoniano la cultura del vino che appartiene alla famiglia Donati.
L’azienda, ancora oggi a conduzione famigliare, è riconosciuta come punto di riferimento della tradizione enologica trentina, da sempre impegnata nella valorizzazione di un patrimonio viticolo di qualità.
Un vitigno al quale la famiglia Donati è storicamente legata è il Teroldego, vitigno autoctono con il quale si produce il leggendario “Teroldego Sangue di Drago”.
Per questo cru, vengono selezionate le uve migliori, di vigne vecchie anche di 90 anni, piantate ancora dal bisnonno Marco, il quale già sognava che con quelle viti venissero prodotti grandi vini di qualità.
Oggi Marco sarebbe orgoglioso di vedere la gioia di coloro che stappando le preziose bottiglie fanno propria la magia di questo sogno realizzato.
Attualmente Elisabetta rappresenta la sesta generazione, e la tradizione continua.
TEROLDEGO ROTALIANO DOC SANGUE DI DRAGO 2022 MARCO DONATI
Quando nominando un’etichetta si evocano leggenda, ma anche prestigio e vivide emozioni, allora si tratta di un vino d’autore: Teroldego Rotaliano “Sangue di Drago”.
Punta di diamante tra i vini dell’azienda, è prodotto in un numero limitato, selezionando le uve migliori di Teroldego del vigneto del Maso Donati ai piedi dei Castelli di Mezzocorona.
In questa vigna storica i ceppi raggiungono anche i 90 anni di età, donando maggiore complessità ed equilibrio alle uve prodotte.
Secondo leggenda locale il vigneto trae la sua origine dal sangue che un terribile drago sparse sul terreno e da quelle gocce fecondatrici nacquero le prime viti del Teroldego “Sangue di Drago”.
Affinato in botti di rovere, per un minimo di 18 mesi, presenta una piacevole morbidezza, grande corpo e struttura.
Al naso i sentori di frutta di bosco lasciano il passo ad un più evoluto profumo di mora e frutta secca, immersi in una dolce suadenza speziata.
Al palato ricorda toni di prugna e di cioccolato fondente; una struttura polposa con tannini morbidi e maturi.
Evolve egregiamente con l’invecchiamento.
E’ considerato una delle massime espressioni di questo vitigno principe del Trentino ed ha ottenuto negli anni i più prestigiosi ed ambiziosi riconoscimenti e giudizi del settore.
STORIA E… LEGGENDA.
Sui vitigni di Teroldego della Rotaliana, terra vocata da tempo immemorabile alla viticoltura, si erge a picco il Monte di Mezzocorona e sospesi sulle sue rupi si vedono ancora i resti dell’imprendibile Castel San Gottardo.
Leggenda vuole, che nelle grotte dell’eremo dimorasse un possente Drago, flagello implacabile di tutta la zona e dei suoi impauriti abitanti.
Fu così che un giovane Cavaliere, il Conte Firmian, famiglia storica di Mezzocorona, ebbe l’ardire di affrontare il Basilisco sul suo terreno.
Un giorno, di buon mattino, armato di lancia e spada, il prode Cavaliere si arrampicò sulla montagna e pose davanti alla grotta una ciotola di latte ed un grande specchio.
Il Drago, sentito il profumo del latte di cui era ghiotto, uscì allo scoperto e vedendosi allo specchio provò stupore ed un briciolo di vanità.
Il Cavaliere ne approfittò per trafiggerlo mortalmente.
Tutta la popolazione festante portò così in trionfo per le contrade di Mezzocorona il prode Cavaliere assieme allo sfortunato Drago ma…. alcune gocce del suo sangue caddero nel terreno rotaliano da cui germogliarono i primi ceppi di Teroldego.
Si spiega così l’origine leggendaria di questo vitigno autoctono, ed ancora oggi le genti locali chiamano questo vino generoso dal colore rosso rubino intenso “Sangue di Drago”.
Quest’ultima, porta come dote, la bella abitazione famigliare sita nel centro di Preignac, acquistata nel 1710 da un suo antenato, e i vigneti circostanti Gilette e Les Justices.
Oggi Julie e suo marito Xavier perpetuano la tradizione di famiglia e ne consolidano la storia di un vino fuori dagli schemi, lontano dalle norme.
Essi vogliono rendere un omaggio particolare ai genitori di Julie, Christian e Andrée, che hanno incarnato con brio Gilette per più di quarant’anni.
Con perseveranza, energia e immenso talento sono riusciti a preservare e migliorare nel tempo la loro piccola azienda e a far conoscere e diffondere i loro vini stupendi, testimoni della loro passione.
Benché non incluso nella storica classificazione del 1855 e lontano diversi chilometri da Château d’Yquem, questo vino è considerato una delle migliori etichette di Sauternes.
Questo piccolo cru di Sauternes è leggendario soprattutto per i suoi vecchi millesimi.
In effetti a Gilette, Julie Gonet-Medeville commercializza i suoi vini non prima di vent’anni dalla vendemmia.
Questa usanza ha fruttato alla famiglia Médeville il soprannome di Antiquari del Sauternes.
Château Gilette è un piccolo podere di meno di 4,5 ettari situato nel cuore del villaggio di Preignac.
Cinto con muretti a secco, piantato prevalentemente a Semillon, con qualche piede di Muscadelle e poco Sauvignon.
L’ultimo impianto è datato più di trent’anni orsono.
La produzione dichiarata è minima: circa 5000/6000 bottiglie l’anno, e con tutte le variabili possibili dell’annata, che come tutti gli appassionati ben sanno, quando si parla di Sauternes sono suscettibili ai mille capricci climatici che possono favorire o meno l’attacco della muffa nobile.
Si dice che per mantenere l’alto livello qualitativo previsto per i Crême de Tête, a Château Gilette si produce solo un anno su due.
Le rese, presso Médeville a Château Gilette, possono scendere fino a 5 ettolitri a ettaro.
Sono poco più di una quindicina i vendemmiatori abituali, i quali eseguono più passaggi in vigna alfine di raccogliere gli acini perfettamente “rôtis”.
Mediamente si rendono necessari dai tre agli otto passaggi.
Al mosto non vengono aggiunti lieviti, ne anidride solforosa.
La solfitazione avviene solo nel momento in cui la massa viene trasferita in contenitori in cemento che verranno riempiti totalmente ed ermeticamente chiusi per un tempo medio che oscilla dai 15 ai 18 anni.
In questo lunghissimo periodo la maturazione è lenta e consente al vino di esprimersi in tutta la sua potenza senza problemi di ossidazione.
Contrariamente all’affinamento in barrique, nel cemento si ha un ambiente in fase di riduzione; ciò permette di mantenere freschezza e la sensazione di gioventù del frutto.
E’ in questo modo che si costruisce lo stile, unico nel suo genere, e si producono vini destinati al lunghissimo invecchiamento.
Proprio a tale scopo, dopo l’imbottigliamento, vengono lasciati trascorrere altri due anni prima della commercializzazione.
Eccellenti, maturi e cremosi alla degustazione i vini così tardivamente posti al commercio riportano in etichetta la definizione Crême de Tête.
Molto interessanti, e piuttosto rare, le bottiglie di vino bianco secco denominate semplicemente ”G” de Château Gilette, anch’esse sottoposte ad inverosimili invecchiamenti prima di essere destinate al commercio.
Nel cuore dell’affascinante scenario del Trentino, caratterizzato dall’insieme di valli, montagne dolomitiche e colline, è situata la Piana Rotaliana, che Cesare Battisti definì il più bel giardino vitato d’Europa.
Proprio qui, a Mezzocorona, si trova la cantina Marco Donati, una delle più antiche del Trentino.
La storia ebbe inizio nel lontano 1863, quando Luigi Donati acquistò il maso Donati, insieme al palazzo del 1400, di appartenenza dei Conti Spaur.
Il termine maso sta ad indicare un podere ben circoscritto, tutto accorpato, coltivato per tradizione da una famiglia.
La torre centrale del palazzo, insieme ad altre tre del circondario, faceva parte del sistema difensivo di Mezzocorona.
Il tutto è sovrastato dai castelli medioevali arroccati sul monte, ai quali si ricollega la leggenda del drago.
La cosa interessante è che ancor prima dei Conti Spaur, il maso era stato di pertinenza del coppiere dei Conti del Tirolo.
Ai tempi, il coppiere di corte rivestiva una notevole importanza, paragonabile ad un ministro e questo sta ad indicare come già allora questi vigneti fossero ritenuti di grande pregio, ed i vini che derivavano da questi vigneti fossero privilegio delle mense più raffinate.
Oltre centocinquanta vendemmie legano l’azienda Donati al Trentino.
La preziosa collezione di bottiglie, conservata nelle cantine sotterranee, racconta un po’ della storia di questa cantina.
Qui due bottiglie del 1863 e alcuni pezzi rari, testimoniano la cultura del vino che appartiene alla famiglia Donati.
L’azienda, ancora oggi a conduzione famigliare, è riconosciuta come punto di riferimento della tradizione enologica trentina, da sempre impegnata nella valorizzazione di un patrimonio viticolo di qualità.
Un vitigno al quale la famiglia Donati è storicamente legata è il Teroldego, vitigno autoctono con il quale si produce il leggendario “Teroldego Sangue di Drago”.
Per questo cru, vengono selezionate le uve migliori, di vigne vecchie anche di 90 anni, piantate ancora dal bisnonno Marco, il quale già sognava che con quelle viti venissero prodotti grandi vini di qualità.
Oggi Marco sarebbe orgoglioso di vedere la gioia di coloro che stappando le preziose bottiglie fanno propria la magia di questo sogno realizzato.
Attualmente Elisabetta rappresenta la sesta generazione, e la tradizione continua.
TEROLDEGO ROTALIANO DOC SANGUE DI DRAGO 2022 MARCO DONATI
Quando nominando un’etichetta si evocano leggenda, ma anche prestigio e vivide emozioni, allora si tratta di un vino d’autore: Teroldego Rotaliano “Sangue di Drago”.
Punta di diamante tra i vini dell’azienda, è prodotto in un numero limitato, selezionando le uve migliori di Teroldego del vigneto del Maso Donati ai piedi dei Castelli di Mezzocorona.
In questa vigna storica i ceppi raggiungono anche i 90 anni di età, donando maggiore complessità ed equilibrio alle uve prodotte.
Secondo leggenda locale il vigneto trae la sua origine dal sangue che un terribile drago sparse sul terreno e da quelle gocce fecondatrici nacquero le prime viti del Teroldego “Sangue di Drago”.
Affinato in botti di rovere, per un minimo di 18 mesi, presenta una piacevole morbidezza, grande corpo e struttura.
Al naso i sentori di frutta di bosco lasciano il passo ad un più evoluto profumo di mora e frutta secca, immersi in una dolce suadenza speziata.
Al palato ricorda toni di prugna e di cioccolato fondente; una struttura polposa con tannini morbidi e maturi.
Evolve egregiamente con l’invecchiamento.
E’ considerato una delle massime espressioni di questo vitigno principe del Trentino ed ha ottenuto negli anni i più prestigiosi ed ambiziosi riconoscimenti e giudizi del settore.
STORIA E… LEGGENDA.
Sui vitigni di Teroldego della Rotaliana, terra vocata da tempo immemorabile alla viticoltura, si erge a picco il Monte di Mezzocorona e sospesi sulle sue rupi si vedono ancora i resti dell’imprendibile Castel San Gottardo.
Leggenda vuole, che nelle grotte dell’eremo dimorasse un possente Drago, flagello implacabile di tutta la zona e dei suoi impauriti abitanti.
Fu così che un giovane Cavaliere, il Conte Firmian, famiglia storica di Mezzocorona, ebbe l’ardire di affrontare il Basilisco sul suo terreno.
Un giorno, di buon mattino, armato di lancia e spada, il prode Cavaliere si arrampicò sulla montagna e pose davanti alla grotta una ciotola di latte ed un grande specchio.
Il Drago, sentito il profumo del latte di cui era ghiotto, uscì allo scoperto e vedendosi allo specchio provò stupore ed un briciolo di vanità.
Il Cavaliere ne approfittò per trafiggerlo mortalmente.
Tutta la popolazione festante portò così in trionfo per le contrade di Mezzocorona il prode Cavaliere assieme allo sfortunato Drago ma…. alcune gocce del suo sangue caddero nel terreno rotaliano da cui germogliarono i primi ceppi di Teroldego.
Si spiega così l’origine leggendaria di questo vitigno autoctono, ed ancora oggi le genti locali chiamano questo vino generoso dal colore rosso rubino intenso “Sangue di Drago”.